Dieci anni fa, l’8 agosto 2013, Ryder Carroll pubblicava il sito web bulletjournal(dot)com, con l’obiettivo di condividere con altre persone il metodo che lui aveva realizzato per superare le difficoltà causate dalla sindrome di deficit di attenzione e iperattività (ADHD).
Il successo del sito ha portato Carroll a pubblicare nel 2018 il suo best seller “Il metodo Bullet Journal”, e in seguito a lanciare la community BuJo U. A differenza dei metodi di cui vi ho parlato nei post precedenti il metodo Bullet Journal si basa soltanto sull’uso di un taccuino e di una penna; la lentezza e la necessità di trascrivere più volte le informazioni non sono viste come un difetto, ma come una “feature” del metodo.
Il metodo prevede la registrazione quotidiana (Rapid Listing) dei nostri pensieri, organizzati in note, task ed eventi. I task non completati in giornata sono trascritti nuovamente nelle giornate successive, dopo che un processo di filtraggio ha eliminato i task meno interessanti. Come accade in altri metodi sono presenti momenti di riflessione periodica a fine settimana e a fine mese.
I task e le note relativi ad argomenti specifici sono organizzati in raccolte, che possono avere qualsiasi formato. Ad esempio è possibile organizzare i task di un progetto in un formato simile a quello di una kanban board, oppure tenere traccia delle abitudini che vogliamo tenere sotto controllo, dei libri che vogliamo leggere, e così via.
Credo che la migliore definizione di questo metodo sia quella che usa lo stesso Ryder Carroll; un metodo per la mindfulness camuffato da sistema di produttività individuale.